martedì, giugno 29, 2004

Entrò in ufficio in ritardo, come al solito.
Per trenta secondi il tempo si fermò. Tutti si attendevano una spiegazione.
In fondo il capo è pur sempre il capo: é un esempio. Non è certo ammissibile che si presenti tutte le mattine in ritardo, salutando con un sorriso, senza badare minimamente a fornire almeno uno straccio di scusa, qualcosa per cui valga la pena di discutere nelle due ore successive.
E invece sorrise, come al solito, e senza fretta si diresse alla sua scrivania.
Fu solo allora che la scorse, quasi nascosta dietro agli scaffali.
Per lei era il primo giorno.
Voleva essere sicura che si capisse da subito, che non era lì per caso.
Indaffarata dietro gli scatoloni, cercava di verificare secondo quale ordine fossero catalogati gli articoli, per essere certa di non sbagliare quando le avessero chiesto se aveva capito tutto bene.
Fu in quel momento che la tensione nell’ufficio crebbe a dismisura e lei si accorse del suo ingresso.
Alzò i suoi occhi grandi e scuri, sorrise timidamente e avanzò titubante per presentarsi.
Fu come una folgorazione.
Lui capì subito che non era una persona qualunque, ma per quella volta volle fare una prova.
Era in uno di quei momenti in cui servivano conferme. Era certo che con quegli occhi avrebbe potuto dialogare senza parole e volle provare..
- Piacere, sono L., mi hanno trasferita in questo ufficio. Tu sei F., suppongo.
Allungò timidamente una mano, le avevano detto di farlo. Le avevano raccontato di quel tipo strano e un po’ eccentrico, a volte amichevole, a volte scontroso.
Mentre si avvicinava si soffermò per un istante a riflettere sulle opportunità che un solo piccolo difetto possono aprire.
Se lui non avesse tardato, i colleghi non avrebbero potuto consigliarla al meglio: certe informazioni è sempre preferibile raccoglierle dall’esperienza altrui piuttosto che ricavarle provocandosi fastidiose bruciature.
F. le allungò distrattamente la mano, poi la fissò con aria risoluta e disse:
- Bene, adesso girati, poggia le mani sulla scrivania e prònati !
L. capì.
Subito.
Non si scompose.
Lentamente, senza mai distogliere lo sguardo, gli passò accanto e con fare sensuale si sedette sulla poltroncina dirigenziale di lui. Si regolò lo schienale e abbassò leggermente la seduta. Un gesto che compì con naturalezza, come se si stesse accomodando alla sua postazione abituale.
- Non te lo hanno detto? Sono lesbica.
Erano già in perfetta sintonia, le parole che lasciarono sbigottiti tutti i presenti non li sfiorarono minimamente.
Non era con le parole che avevano deciso di comunicare.


Odio doverlo scrivere.
Ma ci sono persone e Persone.
Ci sono quelle con le quali hai a che fare tutti i giorni:
Un sorriso quotidiano, naturale, certo, ma con lo stessa profondità che dedichi alla rasatura mattutina.
E ci sono quelle che contano davvero tanto, quelle che il bilama te lo puntano alla gola.
Non lo sai precisamente come ci siano finite in quell’ angolino del tuo cuore che nemmeno pensavi di avere.
L. è una di quelle Persone. Amo tutto di lei, ogni sua contraddizione.
L. sarà mamma a breve. E io sarò fiero di lei. Come sempre.